Levatrice

La levatrice aveva in paese un ruolo molto importante: era colei che, nei primi anni del Novecento e fino a pochi decenni fa, svolgeva tutte le mansioni dell’attuale ostetrica o del ginecologo.

La levatrice, chiamata in questo modo perché, era in grado di “levare” il neonato dal corpo della donna incinta, era una donna che aveva imparato l’arte da sua madre, da sua nonna.

Fino agli anni ’60/’70 le donne non venivano ricoverate negli ospedali, partorivano in casa, aiutate appunto dalla levatrice. A lei spettava il compito di visitare le donne gravide e di farle partorire, portando alla luce nuove vite.

Generalmente consigliava alla puerpera di mangiare per tre giorni dopo l’evento solo brodo di pollo, per evitare le febbri molto frequenti dopo il parto e per avere latte buono. Inoltre, essa sosteneva moralmente le donne durante la gravidanza. E’ noto, infatti, che in quello stato le donne diventano fragili creature, che devono essere coccolate, seguite e assecondate, attraverso un ambiente intimo domestico, raccolto, sacro.

Solitamente la levatrice (chiamata anche mammana) era una vera e propria istituzione, una donna a cui affidare se stessi e la vita dei propri figli; a lei si rivolgevano le donne in dolce attesa per chiedere aiuto in campo ginecologico e spesso era chiamata in causa anche in vesti di consigliera.

Oggi quella della levatrice è stata sostituita da una figura più emancipata, chiamata ostetrica che svolge la sua attività in strutture sanitarie, pubbliche o private e opera nei consultori.