I casellanti vivevano nei pressi dei passaggi a livello ferroviari non automatici e avevano il compito di abbassare e alzare manualmente le sbarre per fermare il traffico durante il passaggio dei treni. Era un mestiere duro, ma non per la fatica. In fin dei conti si trattava di girare una manovella per abbassare le sbarre prima dell’arrivo di un convoglio. Il problema vero era stare svegli, soprattutto con il buio.
L’orologio era fondamentale. Prima che arrivasse il quadro elettrico, con luci e suoneria che avvertita dell’arrivo del treno, il “guardiano delle sbarre” aveva solo l’orario ferroviario e c’era l’obbligo di chiudere le sbarre cinque minuti prima. Se il treno era in ritardo, non sempre venivano avvertiti. E allora tenevano chiuso per dieci, venti minuti e si prendevano gli accidenti di quelli che aspettavano sulle auto o sui trattori.
I treni della notte erano i merci e i primi locali che portavano pendolari assonnati. E tanto sonno lo pativano anche i casellanti. Turno in terza, si chiamava. Inizio di lavoro ore 13, fine lavoro alle 21. Poi si ricominciava alle 6 per arrivare alle 13. La sera stessa, dalle 21 alle 6 del mattino. Un giorno di riposo e via col nuovo turno di terza.
Una piccola garitta, generalmente di due metri per due. C’era una stufetta elettrica. Vietato portare una sdraio, una radio, un piccolo televisore. Le Ferrovie controllavano, se sgarravi ti punivano, se facevi bene a fine anno di davano un biglietto di lode, col quale si poteva sperare in un piccolo aumento.
Ogni guardiano di solito controllava tre passaggi a livello. Stavi nella garitta di centro e comandavi anche quelli prima e dopo di te. Ecco, funzionava così. Le luci sul pannello elettrico segnalavano l’arrivo del convoglio. Tu dovevi uscire, girare l’argano per abbassare le sbarre e poi rientravi in garitta e spingevi il pulsante che mandava il “consenso” al treno.
Fino alla fine degli anni Cinquanta i casellanti erano chiamati “assuntori”: facevano un servizio per le Fs ma restavano “esterni”. Controllavano i passaggi a livello e in cambio avevano l’alloggio nel casello, un salario minimo e potevano chiamare un familiare come coadiutore. I caselli erano quasi autosufficienti: avevano l’orto, il pozzo, il forno per il pane, una stufa a legna o a coke. Le Ferrovie fornivano l’avvisatore acustico (la tromba), la bandiera rossa, la lampada di segnalazione. Nessuna divisa, niente ferie e pensione.