Generalmente la nonna chiamava a raccolta tutte le amiche del vicinato. Si iniziava togliendo i punti che tenevano tutta la lana dai materassi, mettendola in alcuni grandi contenitori in terracotta dalla forma svasata e versandovi sopra dell’acqua bollente, che aveva lo scopo di eliminare gli ospiti non desiderati della lana. Dopo una vigorosa strizzatura per farla asciugare bene, veniva stesa al sole per almeno due o tre giorni.
Dopo aver asciugato la lana, per farla tornare morbida e vaporosa, la nonna, insieme alle sue amiche la allargavano, ossia la cardavano a mano. Era una buona occasione per stare insieme, ridere e scherzare e raccontarsi storie. A questo punto si chiamava la materassaia che era l’esperta a rimettere la lana nei materassi e fissare i punti col grande ago per rimettere in forma il materasso.
La nonna che disponeva di adeguate finanze affidava tutto il processo alla materassaia di professione, che effettuava la cardatura con una macchina in legno che consisteva in una specie di altalena con tanti chiodi che strappavano la lana ridandogli la vaporosità originale.
La nonna povera che non poteva permettersi i materassi di lana, usava un grande sacco di tela a strisce imbottito con foglie di pannocchie di granturco. Il saccone, a differenza del materasso di lana, aveva due larghi spacchi laterali nei quali si allungava la mano per riassettare le foglie che col peso tendevano ad ammassarsi ai lati.
Per mantenere il saccone possibilmente morbido, ogni anno, nella stagione estiva, dopo la raccolta del granturco, il sacco veniva aperto e si buttavano le vecchie foglie che nel frattempo si erano triturate, per sostituirle con altre più corpose e fresche di annata. Erano materassi che sprofondavano e scricchiolavano con il peso del corpo, ma avevano un buon profumo ed in casa ce n’era sempre qualcuno in più per poter offrire un giaciglio a parenti e ospiti improvvisi.
