Spaventapasseri

C’era una volta un grande e utile collaboratore dell’uomo nella sua attività lavorativa, una strana e curiosa creatura, solitaria, conficcata con il suo unico piede di legno, nel centro della distesa di un campo: lo spaventapasseri.

Silente, immobile, perenne sentinella dei preziosi semi deposti nei solchi dei terreni arati, l’uomo di paglia e rami secchi, vestito di stracci e stoffa colorata e sulla testa rotonda un cappello consunto, nella solitudine della sua mente, dissuadeva corvi e passeri dal rovinare il raccolto nei campi, sempre con lo sguardo fisso, proiettato verso l’orizzonte sagomato dalle cime difformi dei monti.

Quando il campo, dopo mesi di vigile custodia, si dipingeva di oro, e un mare di spighe si lasciava ondeggiare dolcemente dalle carezze del vento, sulla sua faccia buffa si stampava un sorriso di soddisfazione per il buon lavoro svolto. Lo spaventapasseri di paglia, rami secchi e stracci, simbolo sempre più introvabile, ha rappresentato per lungo tempo una icona caratteristica del mondo agreste e che tanta simpatia ispirava nei bambini, divenendo un tutt’uno con il paesaggio che la circondava.

Lo spaventapasseri seppur formato da paglia, rami secchi e stracci, custodiva dentro di sé un’anima. Non era nemico degli uccelli. Il leale guerriero, con un secchio come elmo, sapeva benissimo che anche pennuti, come creature di Dio, avevano diritto alla vita. E così, con ogni sorta di uccello, aveva sancito il tacito accordo di “campa e lascia campare”. Non disdegnava qualche volta, infatti, di chiudere un occhio, per dare l’opportunità agli uccelli di portare un piccolo seme alla nidiata.

Gabriele Palladino