Carlo Malerbi (1818-1893) fu uomo del risorgimento e sindaco di Montecosaro. Apparteneva a quella generazione nata nei primi anni della Restaurazione, che assistette, ancora molto giovane, alla feroce repressione dei moti carbonari, si aprì poi alle idee liberali e repubblicane, guardò con romantico entusiasmo al programma della “Giovane Italia” di G. Mazzini. Nello Stato pontificio di papa Gregorio XVI, quei giovani erano animati – così ricordava A. Saffi, il triunviro della Repubblica romana del 1849 – da “amore di libertà, orrore della barbarie soldatesca, odio al governo dei preti, ribellione contro uno stato di cose che contraddiceva ad ogni idea di religione e di civiltà”.
Sentimenti, questi, che accompagnarono la formazione del giovane Carlo e ancor più quella del fratello maggiore Giuseppe, il quale, priore comunale nel 1848, secondo una nota della polizia pontificia, “sovvertì molta gioventù”. Del forlivese Aurelio Saffi, Carlo Malerbi era stato compagno di studi ad Osimo, gli fu sempre amico, ne condivise attivamente l’iniziativa patriottica e l’impulso dell’associazionismo operaio ispirato al solidarismo mazziniano. Trentenne, sottotenente della guardia civica, Malerbi partì volontario nella prima guerra d’indipendenza insieme al conte Antonio Gatti, al maestro di scuola Crescentino Giannini, al medico condotto Giambattista Valcasali ed altri otto montecosaresi; si distinse a Cornuta (TV), fu ferito nella difesa di Vicenza e decorato con medaglia di bronzo.
Dopo il ritiro dei volontari pontifici, voluto da Pio IX, dalla guerra contro gli austriaci nel Lombardo-Veneto, caduta anche la repubblica romana, arrivò la repressione. A Montecosaro, come altrove, tornarono i vecchi equilibri: Giuseppe Malerbi preferì rinunciare alla carica di priore, Torello Cerquetti, rivoluzionario della prima ora, scelse l’esilio, il dottor Valcasali venne licenziato in tronco, Carlo Malerbe fu arrestato e rinchiuso nel forte di Ancona; la polizia lo riteneva “uno degli autori del tumulto suscitatosi in Montecosaro nel dicembre 1849” per protesta contro il licenziamento del medico liberale e patriota. Fu graziato dopo tre mesi, ma sottoposto a pesanti restrizioni. Divenne sindaco nel primo Consiglio comunale dopo l’annessione delle Marche al Regno sabaudo e, forte di un prestigio indiscusso, conservò la carica quasi ininterrottamente per un ventennio.
Sposò la marchesa Anna Finaguerra e dalla quale ebbe due figli: Giustiniano e Teresa. La stessa morì prematuramente all’età di 44 anni, l’11 marzo 1879. Carlo Malerbi morì invece settantacinquenne a Montecosaro il 2 maggio del 1893. Le loro spoglie ora riposano nel cimitero di Montecosaro, nella tomba priva di simboli della cristianità. La stessa venne fatta costruire proprio di fronte alla piccola chiesa del cimitero dove venivano celebrate le S. Messe e benedette le salme prima della loro tumulazione. Corre voce che Carlo Malerbi, prima di morire, si sia rivolto ai preti del paese dicendo loro di stare molto attenti perché, comunque, anche dopo la sua morte li avrebbe tenuti d’occhio. E’ per questo che il calco del suo volto, rivolto per sua volontà verso la chiesetta, in senso di sfida, sembra ancora voler vigilare sul loro operato.
Nel 1893 la Società Operaia di Montecosaro volle ricordarlo con una lapide che troviamo collocata all’ingresso del Palazzo Comunale. A lui è intitolata la biblioteca comunale situata nell’ex convento agostiniano, monumentale complesso architettonico che egli volle decisamente ed ottenne come proprietà e sede del Comune di Montecosaro.
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