Per il genere umano la fine è rappresentata dalla morte. Era sempre Sesto de Castò a dare per primo la notizia della morte di qualcuno. Infatti era lui che faceva la barba a tutti i morti del paese. Intorno alla salma si radunavano i familiari, i parenti, gli amici ed i curiosi.
Per tutta la notte le donne esperte in cerimonie funebri recitavano le preghiere interpretando, con simulata costernazione e dietro ricompensa, il dolore dei cari del defunto. Il trasporto della salma, prima in Chiesa e poi al Cimitero, avveniva a piedi con la bara sorretta da quattro uomini e poi al Cimitero, avveniva a piedi con la bara sorretta da quattro uomini che camminavano lentamente, preceduti dal prete e dal chierichetto, i quali scandivano le preghiere. Era necessario, ad intervalli, il cambio con altri quattro uomini, tanto il tragitto risultava lungo ed estenuante, Era come se si dovesse dare una continuità, fino all’estrema conclusione, alla sofferenza della persona morta, la cui esistenza il destino aveva collocato in uno spazio temporale alquanto infelice e sfortunato.
Augusto de Lorè avrebbe pensato alla tumulazione della salma.
Il cimitero era sovrastato dall’irreale casa di Cacchiero, che sembrava stesse a vigilare le tombe sottostanti ed era il motivo per cui, per affermare che una determinata persona era morta, si era soliti dire: “… è da Cacchiero“.
Tratto dal libro “Passa la guerra” di Gian Mario Perugini – Centro del collezionismo

