Montecosaro nel dopoguerra: il rifiorire delle feste religiose

Nel periodo successivo all’evento bellico è rifiorita anche la tradizione legata alle feste religiose. Il 10 di agosto cadeva la festa di San Lorenzo, patrono del paese; qualche domenica dopo ricorreva quella della Madonna dell’Addolorata. I festeggiamenti per San Lorenzo venivano predisposti dall’Amministrazione Comunale, mentre quelli per l’Addolorata dalla Parrocchia. In questo modo tra Comune e Parrocchia si veniva a creare una certa competizione per la migliore riuscita dei festeggiamenti. Molti dei mezzi utilizzati per l’organizzazione delle due feste consistevano in donazioni sia in denaro che in natura (normalmente grano).

Al mattino venivano espletate le funzioni religiose: le messe avevano inizio all’alba per terminare dopo mezzogiorno. Al pomeriggio aveva luogo la manifestazione sportiva, che generalmente consisteva nella corsa dei cavalli o nella corsa delle biciclette.

La corsa dei cavalli era al galoppo con fantino: si partiva dal viale del Cimitero per arrivare nei pressi dell’Arco, con il traguardo all’altezza dell’edificio delle scuole elementari. Il tifo era tutto per i due cavalli locali: quello de Peppe de Cucchiarà e quello de Lo Brecciarolo. I due cavalli purtroppo erano quasi sempre perdenti, mentre a vincere era il cavallo guidato da Muccichì. Da buon professionista, questi si serviva molto del frustino, che usava furbamente non per aizzare il proprio cavallo, ma per percuotere il muso degli altri cavalli, impedendo loro qualsiasi sorpasso.

La corsa delle biciclette aveva luogo sul tracciato Montecosaro – Civitanova Alta – Portocivitanova – Stazione di Montecosaro – Montecosaro, da ripetersi più volte. I beniamini del pubblico locale erano tre corridori del posto: Franco de Busco, Roberto de la Maestra e Ninì de Grilletto. Anche in questo caso non eravamo molto fortunati: vinceva il più delle volte Rolando Verdini (detto Barbetto), di Portocivitanova, che veniva sempre accompagnato dal direttore del suo “Gruppo sportivo Fontespina” Italo Creati. Barbetto era fortissimo in salita e bravissimo nella volata. Inoltre poteva avvalersi del suo gregario Enzo Ciucci che gli assomigliava alla perfezione come se fossero due gemelli: Ciucci andava in fuga rincorso dagli avversari che, credendolo Barbetto, lo inseguivano con tutte le forze, tanto da arrivare vicino al traguardo stanchi e spossati. In questo modo facilmente Barbetto riusciva a sorprenderli e a superarli nella volata finale, lasciando tutti stupefatti. Altro noto ciclista di quel tempo era Giuseppe Petrocchi il quale aveva preso parte anche ad un Giro d’Italia. Famosa restò la sua frase: “…eravamo rimasti in tre: io, Gino e Fausto“.

Le funzioni religiose raggiungevano il culmine con la processione che percorreva le strade principali del paese. Le reliquie di San Lorenzo o la statua della Madonna venivano portate sulle spalle dai membri delle varie Confraternite, le cui origini risalgono alla seconda metà del XV secolo. Partecipava alla processione anche la banda musicale locale che intonava inni di circostanza.

Dopo cena l’appuntamento era in piazza per ascoltare la musica del complesso bandistico che il più delle volte era di origine abruzzese. Si assisteva poi al gioco della tombola, che prevedeva vincite di animale come agnelli e maiali. I numeri venivano estratti lentamente da Galliano, con una mimica particolare: riusciva infatti a coinvolgere la gente, tenendola sospesa in attesa del fatidico numero, con una prolungata pausa che sfociava in un urlo liberatorio: “numero…“.

Veniva quindi innalzato, a cura della ditta Capirai di Morrovalle, il pallone aerostatico rivestito di candeline accese e munito di braciere che serviva per produrre il gas necessario per la sua ascesa. Se tutto andava bene, se il pallone cioè riusciva a volare in alto senza impigliarsi sui fili della corrente elettrica o su qualche caseggiato, ciò era visto come segno di buono auspicio per il futuro e i contadini potevano  sperare in una proficua raccolta di grano per l’anno venturo.

Chiudevano la festa i fuochi d’artificio predisposti dalla ditta Alessi di Fermo: al primo tocco della mezzanotte si sentiva lo sparo che invitava a recarsi verso il Cassero e con il cassettì finale si concludevano i festeggiamenti. Il giorno successivo eravamo tutti impegnati a recuperare fra le aiuole e giù la ripa, i bengala ancora caldi per poi accenderli e creare quindi delle belle strisce di fuoco multicolori.

Oltre alle feste di San Lorenzo e dell’Addolorata anche presso l’Annunziata, San Savino ed altre contrade di campagna, si tenevano altrettanti festeggiamenti. Si poteva quindi assistere in tali occasioni a divertenti gare come l’albero della cuccagna, la corsa coi sacchi ed il tiro al gallo.

Ricordo con suggestione il giorno del tre di maggio nel quale si festeggiava la Santa Croce ed in particolare mi è rimasta impressa la processione nel corso della quale i più giovani giravano con una crocetta fatta di canna e carta colorata (celeste per i maschi e rosa per le femmine) e con un santino attaccato al centro. Rammento altresì quando, in occasione della ricorrenza della Madonna del Pianto il paese veniva tutto addobbato con rose di cartapesta legate fra loro con filo di ferro.

Tratto dal libro “Passa la guerra” di Gian Mario Perugini – Centro del collezionismo 

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